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Sgarro sì, sgarro no?

Ebbene sì, lo ammetto. Per molti, moltissimi anni, sono stata anch'io vittima dell'abituale, rassicurante, salvifico sgarro del sabato. Di quel meccanismo perverso che mi portava a rimanere ligia e ubbidiente alle regole ferree imposte dalla rigida dieta che seguivo dal lunedì al venerdì, con l'unico pensiero e obiettivo di arrivare a sabato, il fatidico giorno dello SGARRO, dove avrei finalmente potuto concedermi tutto ciò di cui mi privavo durante la settimana.

Quindi sostanzialmente il gioco era: vivo di stenti per 5 giorni e l'unica cosa che mi fa sopravvivere è l'idea di ciò che mi aspetta il sabato. Gran bel gioco divertente.



Ma, come si suol dire, il gioco è bello quando dura poco e, per i miei gusti, il mio è durato anche troppo. Mi ci è voluto del tempo per capire che il gioco non valeva la candela, che gli effetti negativi superavano di gran lunga i benefici.

Ad oggi lo riconosco e ne sono consapevole, ma allora ero convinta che il "fare la brava durante la settimana "per potermi concedere la cena al ristorante il sabato sera" fosse l'unico modo di alimentarsi.

Quindi, alla domanda "Sgarro sì, sgarro no?" che mi sento rivolgere spesso, soprattutto dalle persone che decidono di iniziare un percorso insieme a me ("Dottoressa, il sabato potrò sgarrare?", "Lo sgarro quando me lo mette? Nel weekend?"), io rispondo senza la minima esitazione "Sgarro NO." E qui vi spiego il perché:

  • Il termine sgarro di per sé fa schifo. Da vocabolario significa "il fatto di mancare di esattezza e di impegno sul lavoro o di venire meno sul piano della correttezza morale. Errore, mancanza, sbaglio" (Treccani). In sostanza, un crimine. Riferito all'atto del mangiare non è esattamente il massimo, ma andiamo avanti.

  • Perpetua l'idea che il cibo abbia un valore morale. Ripetiamo in coro: non esiste un cibo buono e un cibo cattivo, un cibo giusto e un cibo sbagliato. Il cibo è solo cibo. Se consideriamo la pizza uno sgarro, inconsciamente abituiamo il cervello a pensare a quell'alimento come qualcosa di sbagliato, che deve essere relegato solo a un singolo momento della settimana, perché commettere 2 o più errori nella settimana non è ammissibile. (Confessione personale: settimana scorsa ho mangiato pizza per ben 3 giorni. Perdoname madre por mi vida loca).

  • Dà della propria alimentazione un'idea di controllo e ordine, che però è solo apparente. Che succede infatti quando la pizza viene proposta a cena del mercoledì? Come si gestisce un invito a pranzo inaspettato in mezzo alla settimana? L'equilibrio su cui si basano tutte le tue regole alimentari vacilla di botto, perché se sgarri nel bel mezzo della settimana ti sei già bruciata/o il pasto libero del sabato! Meglio forse rifiutare l'invito per lasciare invariata la pizza del fine settimana? O accettarlo e rassegnarsi a mangiare roba da dieta il sabato (circondata da persone che molto probabilmente si godono la pizza senza problemi)?. L'alternativa "godersi il pranzo fuori/la pizza/ qualsiasi altra cosa non prevista dal piano in mezzo alla settimana E il sabato sera" non è assolutamente contemplata. E questo è un vero peccato.

  • Aumenta in modo considerevole il rischio di abbuffata nel momento in cui finalmente si arriva al fatidico giorno dello sgarro. Infatti, dopo giorni e giorni di privazione, la vista, l'odore e il gusto dell'alimento tanto desiderato possono portare a buttarlo giù in modo vorace, senza poi trarne un effettivo godimento e provando invece come la sensazione di non sapersi fermare. Questa è una reazione assolutamente normale, perché il corpo sa che di lì a poco verrà rimesso in modalità carestia e quindi cerca di accaparrarsi quanto più cibo possibile per fare scorta.

  • Si associa facilmente al comportamento del "Tanto ormai..." e a sentimenti quali senso di colpa, rabbia verso se stessi, avvilimento. Già, perché molto spesso dopo lo sgarro del sabato, ci si sente autorizzati a continuare anche domenica perché tanto ormai il danno è stato fatto e quindi tanto vale riprendere la dieta da lunedì -il famoso lunedì dei nuovi inizi. Ci si sente in colpa per essersi lasciati andare, arrabbiati per avere mandato all'aria tutti i progressi della settimana (sempre che affamarsi possa essere considerato un progresso) e demoralizzati, soprattutto se ciò si verifica quasi tutti i fine settimana.

  • Infine, cosa secondo me più importante, lo sgarro è deleterio perché rafforza l'immagine dell'alimentazione come una prigione da cui scappare per avere l'ora d'aria, come un sacrificio che non si vede l'ora di terminare per poter finalmente sgarrare in santa pace. Ma l'alimentazione non può e non deve ridursi a questo!

La necessità dello sgarro scompare nel momento in cui si capisce che tutti gli alimenti possono essere inseriti nella propria alimentazione quando si vuole, senza scendere a compromessi, senza dover trovare per forza una giustificazione o il giorno giusto della settimana per mangiarli. Inoltre, il fatto di saperli sempre disponibili li rende meno allettanti e ossessionanti, smettono cioè di essere così desiderabili e tornano a ricoprire il loro ruolo: essere semplicemente cibo.


Lasciarsi alle spalle il concetto di sgarro permette di mangiare qualcosa di non previsto e non pensare subito "Per questa settimana ho già sgarrato".

Vuol dire smettere di andare in panico per non sapere come inserire nella settimana il compleanno di un'amica e la pizza del weekend.

Significa riuscire finalmente a capire che lo sgarro non è il gelato in sé, ma il pensare che mangiarlo possa essere uno sgarro.

Ma il cibo non è un errore. Mai.


E infine, conviene davvero avere il pasto libero, quando si può avere libera l'intera alimentazione? Io penso di conoscere la risposta... E voi? 😉


La dietista


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